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giovedì 12 aprile 2012

Atto I Scena I

Il monologo di Sesto prima di far irruzione nella stanza di Lucrezia:

Sesto:

Qüale indicibile brama avvolge

e avvampa e brucïa il mio cuore, ardore

che sol in unico modo placato

può esser, da dove questo desiderio?

Agli occhi più prezioso è ciò ch'appare

irraggïungibile, chi bramerebbe

ciò ch'alla lunghezza d'un braccio sta?

La semplicità non è la virtù

de' l'uman spirto, disprezzo piuttosto

e noia essa alimenta, chi nel tedio

vorrebbe trovar albergo e rifugio?

Chi invece vorrebbe non sentir fuoco

e foia nutrir i singol istanti

ch'infiniti sembrano scorrer quando

tedioso l'animo è intorpidito?

Ma ecco il mio desiderio, è Lucrezia,

oh sì! Qual cüore non si scïoglierebbe

innanzi al grazioso süo sembiante?

Dolce! tanto pudica quanto bella,

irresistibile tentazione; unica

intenta alle domestiche mansioni

quando altre alla libido i sensi propri

donavan con elevato sollazzo.

Un bianco fiore che tra nude rocce

schiudesi, colto esso vuòl esser.

Così voglio coglier il fior tuo prezioso:

funesto il dì in cui scommessa addottammo

teco Lucio, amico mïo, maledetto

il giorno che alla tua mensa sedetti

per festeggiar di te la miglior parte,

ma ecco, deh! or m'appresto col ferro

ascosto sotto il manto a te venir,

Lucrezia mia, come libidinoso

Giove a Io venne: così silenziosamente

e furtivamente mia ti farò,

questo è il destino che ho deciso

per te stanotte. Sì, di te tradir

la stima, Collatino, ho deciso,

sì, anco di tradire la tua gentil

ospitalità, mia Lucrezia, scelgo.

Tu ch'alla tua mensa m'hai dato posto,

tu, che questa sera asilo in tua casa

m'hai concesso, commossa da' li enormi

sforzi de' lo regio esercito innanzi

a l'Ardeatine nemiche porte.

Or il mio umil giaciglio vo lasciando

per entrar nel talamo tuo,oh Lucrezia.

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