Riuscì ad avvicinarsi
così tanto da cominciare a distinguere molti particolari: delle
violette e profonde occhiaie deformavano l’intera area sottostante gli occhi modificandone pesantemente la fisionomia, le guance erano
scavate talmente tanto da far sporgere gli zigomi
quasi ci si aspettasse dovessero perforare la pallida e arida pelle
che ricopriva l’intero volto… pesanti rughe solcavano i lati
degli occhi, la fronte e i lati del naso, forse ne aveva altre sul
mento e ai lati della bocca, ma non erano visibili a causa della
folta e crespa barba che riusciva a ricoprirgli tutta la parte
inferiore del viso: era appiccicosa e incrostata da una qualche sostanza
non ben definita: emetteva un odore pungente di fermentazione; i baffi
e il mento ne erano così pregni da rendere difficile distinguere
qualsiasi altro tipo di odore. Arrivò quasi a sbatter il proprio
naso contro quello dello straniero, riuscì a sentire l’alito del
tizio: puzzava di decomposizione e alcol stantio, girò leggermente
il capo di lato fissandolo di sbieco, quegli occhi verdi erano
fastidiosi e troppo indagatori, lo mettevano a disagio oltre ad
aizzargli un tale risentimento da voler strapparglieli dalle orbite con
le nude dita; si abbassò di scatto cercando di sporgersi verso il
retro dello specchio, forse c’era una qualche apertura o un qualche
vetro da dietro il quale quell’essere orripilante lo spiava
prendendolo in giro, imitandolo in tutto e per tutto, forse per
creargli un qualche crollo psicologico o per testare la sua sanità
mentale, ma niente, c’era solamente un vuoto dato dalla curvatura
del muro e dalla superficie piatta del pezzo di vetro e argento: ci
infilò dietro una mano ma non sentì nulla se non il fresco freddo
del muro e la strana superficie leggermente ruvida dello specchio…
non c’era nulla.
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